Giorgio contro gli Eroi – capitolo casuale

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GIORGIO CONTRO GLI EROI – [CAPITOLO CASUALE]

Achille e Pent

«Fondamentalmente tutto.»

Seduto su di una poltrona bianca Giorgio risponde alle domanda della sua psicologa.

«Giorgio, abbiamo già parlato della tua capacità di esprimerti un po’ troppo vagamente su tutto.»

«Me ne dispiaccio, ma è così.»

«Quindi tu non hai nulla?»

«In questo momento è così. Non ho nulla.»

«È mai possibile che tu veda sempre un muro negativo non appena le cose prendono una piega inaspettata?»

«Non è forse questa la tristezza?»

«Guardiamo bene i fatti. Hai molte più cose e fai molto di più di tanti altri tuoi coetanei.»

«Non crede che sia ridicolo giocare sempre con quei fottuti termini di paragone? Allora si potrebbe obiettare che in confronto ai miei coetanei del ‘700 sono anni indietro.»

«Ma tu vivi in questo secolo.»

«La cosa non mi tranquillizza. Questo secolo è una nave alla deriva con la barra del timone rotto. Può solo fracassarsi e naufragare.»

«Potrebbe anche approdare su di una spiaggia.»

«Le percentuali sono a sfavore.»

«Eppure una possibilità, seppur remota c’è. Perché non la vuoi prendere in considerazione?»

«Perché la gente che si illude poi finisce per stare peggio di chi vive nella certezza di essere un buono a nulla, un sempliciotto.»

«Sono discorsi che fai ogni volta che va storto qualcosa. E poi…»

«E poi sono uno stupido che se vede uno spiraglio ci si attacca, morbosamente, credendo che le cose si possano cambiare, che ci sia spazio per crescere, per uscire alla luce del sole, per volare libero nel mondo d’oggi.»

«Lo vedi che puoi crederci anche tu?»

«Mi illudo. Sono uno stupido. Mi illudo e poi sto peggio. Le ambizioni non sono più per tutti gli uomini. Le ambizioni sono per chi può pagarle. Non serve nemmeno averle. Qualche stupido come me, avrà un’idea che non può realizzare, un sogno valido in qualche cassetto disperso in un vecchio comodino abbandonato in soffitta, e quest’altro signor bigotto dal soldo facile se ne impossessa e la fa sua.»

«È questo il problema? Ti hanno fregato l’idea?»

«Ma va, no. Certo che no.»

«Cosa allora?»

«Non regge niente in questo mondo. Non c’è spazio di azione, di combattimento.»

«E questo ti pesa?»

«Può anche evitare di fare le solite domande del cazzo che si devono chiedere agli sbandati come me. Lo sa benissimo che non credo nella psicologia. Sono qui perché non ci conosciamo intimamente e di spararti merda addosso non me ne frega un cazzo.»

«Io invece credo che tu ci creda.»

«Nella psicologia? Buon per lei. Apprezzo chi riesce a credere in un’idea per più della durata media di una serie televisiva.»

«C’è qualcosa che vuoi dirmi? Cosa ti ha buttato così giù ?»

«Tutto. Le cose che non si possono governare nonostante l’impegno e la volontà di crederci.»

«Devi parlare più chiaramente. Devi smetterla di essere criptico. Non hai appena detto che non ti importa nulla di spararmi merda addosso?»

«Sì.»

«Allora sparamela. Dimmi.»

«Questa è psicologia spiccia.»

«Così non ti posso aiutare.»

«Bene.»

«…»

«…»

«…»

«…»

«…»

«…»

«…»

«…»

«…»

«…»

«…»

«…»

«…»

«…»

«Giorgio, possiamo stare qua a guardarci negli occhi per tutto il resto del tempo.»

«Per me non ce ne sono di problemi.»

«Oppure puoi dirmi qualcosa.»

«Si parla molto anche guardando negli occhi, lo sa? Gliel’hanno insegnato?»

«Mi hanno insegnato un metodo, poi io ho elaborato la mia visione e lavoro in un modo personale. Tu lo apprezzi e sei qui per questo.»

«Io non apprezzo nulla. La psicologia son solo seghe mentali.»

«Le tue paranoie invece? Sono fondate su?»

«Hanno radici ben più solide di tutti i suoi studi. L’uomo non esiste più.»

«Oh, pazzie. Adesso stai sragionando.»

«Come crede lei.»

«Fai discorsi aulici e altisonanti solo perché non riesci ad esprimere con parole semplici quello che provi. Sei un pauroso che si nasconde dietro una falsa aura di mistero.»

«Io? Non sono certo io che uso filosofeggiamenti del cazzo prodotti da allucinati intellettuali del secolo passato per giudicare l’intera razza umana!»

«Non si giudica la razza umana, ma ogni singolo caso. Lo sai bene che nessuno qui ha risposte certe, ma che si tratta di un lavoro personale svolto attraverso la mediazione di un esperto.»

«Cazzate. Ci si erge a giudici e scrutatori dell’animo umano con l’arroganza di poter aiutare gli altri come se si fosse i solo mandatari dell’ordine psichico.»

«Smettila di parlare di cose in cui non credi. Dimmi con semplicità cosa c’è che non va.»

«L’ho già detto. Tutto. Non ho nulla, non mi sento in possesso di nulla. Di capacità, di affetti, di sogni, di forze, di credo, di voglia.»

«Che genere di affetti?»

«Che centrano gli affetti?»

«Tu hai detto che ti senti privo di affetti.»

«Non è la sola cosa che ho detto.»

«Benissimo. Posso cominciare da questa?»

«Cominci da dove le pare.»

«Niente Lei.»

«Va bene, da dove Ti pare.»

«Che affetti non hai?»

«Questa cosa è ridicola. Ho detto affetti per dire, in un elenco di cose in cui tutto incide su tutto.»

«Parole semplici, non ti azzardare a rigiocare al gioco del saputello.»

«Ha capito benissimo quello che intendevo.»

«No. Voglio che me lo spieghi bene.»

«Affetti in generale.»

«Amicizia?»

«Sì, anche.»

«Familiari?»

«Certo.»

«D’amore?»

«Come sempre tutto si riduca al minimo comun denominatore dell’amor cortese.»

«Quindi sono anche problemi di cuore?»

«Non mi ricordo. Hai per caso fatto un aggiornamento sui rapporti di coppia?»

«Perché non ne vuoi parlare?»

«Perché non c’è da parlare. È un insieme di sensazioni emotive che si accavallano le une alle altre e che producono questo senso di disagio e inadeguatezza. Che cazzo! È la malattia di questo secolo.»

«C’è chi ha il suo equilibrio, che sta bene, questo vuol dire che è possibile essere sereni. Puoi esserlo anche tu, ma devi affrontare i tuoi demoni.»

«Ma dai. Adesso si esagera. Che demoni e demoni! Vuole che chiamiamo un esorcista?»

«Sai cosa ho detto.»

«La gente serena è gente che si è arresa, che è scesa a compromessi. Certo non escludo che ci sia gente felice perché ha quello che ha sempre voluto avere, ma sono casi più che rari.»

«Quindi non credi che ci sia una possibilità?»

«No. Non ci credo. Credo che quelli che lei chiama persone serene siano esattamente quello. Serene. Ma la serenità non è felicità. Si sceglie l’essere sereni perché non comporta fatica, ci si adatta e si raggiunge un livello di equilibrio dove le preoccupazioni che si avrebbero nel vivere veramente come si vorrebbe sono allontanate e tenute alla larga. Perché rincorrere un sogno è fatica, è sudore, è impegno, è problemi su problemi, è rinunce. E la gente tutto questo non lo può più sopportare, perché non c’è proporzione tra l’impegno messo e il successo. Siamo troppi. Siamo dannatamente troppi su questa cazzo di pianeta, e lo saremo sempre di più. E non c’è spazio per tutti nella realizzazione dei propri sogni o amori. Siamo condannati alla serenità, all’asetticità. Ci priveremo sempre di più delle interazioni e accoglieremo modelli di vita e di relazioni privi di problemi. Ci adatteremo alla tranquillità perché siamo sempre più stufi di soffrire, sapendo che è più alto il rischio che questa sofferenza non produca nulla, che quello che ci dia la felicità. In quest’epoca la felicità è un optional che si è perso nel tempo e si è fatto mito, leggenda.»

«Allora perché anche tu non trovi la tua serenità e smetti di avere problemi. Ti disturba omologarti agli altri?»

«Adesso sei tu che devi smetterla con questa cosa delle generalizzazioni. Lo sai che non me ne frega nulla se mi categorizzi in un modo o in un altro e men che meno me ne frega se mi dici che sono come tutti, nonostante cerchi di essere diverso. Non è la paura di omologarmi. Lo sai. Semplicemente io non ci riesco. Non posso starmene lì a sentirmi asettico, impegnato a mantenere uno status quo che non mi costa fatica e che si basa semplicemente sul “fai quello che ti permette per rimanere a galla”, indipendentemente dalle tue personali esigenze. Beh, a me, quelle voglie che mi sento dentro non si acquietano, non se ne stanno buone buone come se nulla fosse. Non si assopiscono. Non regrediscono a nessun cazzo di stadio primordiale. Più sono insoddisfatte e più si alimentano di umor nero, di rabbia e di cattiveria. Mi prende il cinismo cosmico. Uno stato ansioso mi accompagna dalla sveglia all’imbrunire e durante la notte si trasforma in un apocalittico armageddon onirico.»

«Ti stai costringendo a vivere tutto questo. Se solo lo volessi te ne libereresti.»

«Non sono un computer che si può formattare. La mia indole non la posso cancellare e questo mio essere a volte mi porta in questi stadi di malessere. Non ci posso fare nulla, non posso evitare di avere questo caos interno provocato dalla sofferenza dell’impossibilità di agire secondo il mio io.»
«Quando parli così ti capisci da solo e forse mi sembra che oggi tu te ne voglia stare nelle tue idee. Noi sei capace di ascoltare. Non c’è dialogo. Direi che possiamo anche finire prima.»

«Anche tu preferisci, come quasi tutti, tornare a uno stato di serenità, dove tutto è più chiaro, dove tutto scorre tranquillo e non ci si affatica sopra i quesiti emotivi che  ci appartengono.»

«Ammettendo che il tuo sproloquio sia la ragione, credo che sia esattamente così. Io almeno posso affrontare i giorni che ho davanti.»

«Annullandoti come persona e trovando il tuo posto nella vita che non è più tua.»

«Ah no? E di chi sarebbe?»

«Bella domanda. Se ci volesse pensare dovrebbe abbandonare il suo stato di serenità, ma il costo è alto, non credo le interessi.»

«No, è vero, non mi interessa. Vivo la mia vita benissimo e serenamente. Sono 50€.»

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