GIORGIO CONTRO GLI EROI – [CAPITOLO CASUALE] [CAPITOLO 9 E 3/4]
Giorgio è in macchina, irrequieto e impaziente.
«Sali in macchina, muoviti»
«Stai calmo Giorgio. Che ti passa? Sembra che tu abbia visto un fantasma.»
«Nulla. Andiamo.»
«Dove stiamo andando?»
«Mi accompagni in un posto.»
«Di grazia, potrei anche saper dove?»
«Con calma.»
«Senti, mi vuoi dire che cazzo sta succedendo?»
«Nulla, mi accompagni, dobbiamo fare un percorso.»
«Stavo giocando a Fallout 3. Mi serve una motivazione maggiore.»
«Smettila di lagnarti. Stai sempre chiuso in casa a giocare a quella cazzo di Play.»
«Quindi sarei io quello che sta venendo salvato?»
«Certo.»
«Eppure mi sembrava il contrario.»
«Tutti commettiamo degli errori di valutazione.»
«Sì, e tu sei il solito faccia di merda che non comunica cosa gli va storto o male e che cazzo ne so, e io dietro come un coglione tutte le volte.»
«Si vede che ti piace.»
«Si vede che considero ancora l’amicizia una valore fondamentale.»
«Detto da uno che passa le sue giornate a fracassare crani virtuali suona strano.»
«Guarda che c’è della filosofia in tutto questo.»
«E tu saresti il mio guru?»
«Inginocchiati e succhiami il cazzo pezzente.»
«Sei il solito coglione.»
«Sì, ma che ti segue sempre.»
«Crepa.»
«Schiatta.»
«C’è amore nell’aria.»
«Puoi non guidare con il cellulare in mano?»
«No.»
«Guarda che se l’idea è quella del suicidio mi riporti a casa all’istante, che devo finire la missione e te ne vai da solo a buttarti dove minchia ti pare.»
«Va bene. Lo appoggio.»
«Chi è?»
«Chi?»
«Quella che ti ha mandato in fissa.»
«Nessuno. Perché?»
«Ok. Credevo.»
«Cosa?»
«Nulla nulla. Se dici che non c’è nessuno, mi fido.»
«Suona sarcastico.»
«Dici?»
«Dico.»
«Acuto osservatore. Senti mi dici dove stiamo andando? Prometto di non saltare dalla macchina in corsa.»
«A Pieve di Tremosine.»
«Senz’altro.»
«Perché quel tono?»
«Perché noi andiamo spesso a Pieve di Tremosine. Siam sempre lì, vero?»
«Ci devo andare per lavoro.»
«Senz’altro.»
«La pianti con sto tono del cazzo?»
«Guarda che sei tu che hai cominciato.»
«A far che?»
«A prendere per il culo. È da quando son salito che ti tieni nella tua aria di mistero.»
«…»
«Guarda che dovevi girare a destra per Tremosine.»
«Sì, ma noi ci andiamo a piedi dal vecchio porto.»
«Scusa? Son 700 metri di dislivello.»
«Allora?»
«Sarebbe stato carino se me lo avessi comunicato, tipo.»
«Non saresti venuto.»
«Vedi che non capisci un cazzo. Hai il cervello in pappa. Quando potrei sapere il motivo?»
«…»
«Come vuoi.»
«Siamo arrivati.»
«Parcheggio e inizio sentiero sulla statale. Non male. Poteva piovere.»
«Ma smettila.»
«Giorgio?»
«È?»
«Fottiti.»
«Su cammina.»
I due amici, lesti, si inerpicano sul sentiero; ognuno chiuso nel proprio religioso silenzio, mentre il panorama si fa sempre più maestoso.
«Porco cazzo!»
«Che?»
«C’era bisogno di salire con tutta questa foga?»
«Sì.»
«Allora Giorgio bello, ti sei sfogato? Devi dirmi qualcosa?»
«Aspetta, andiamo sulla terrazza a sbalzo.»
«Porco il demonio!»
«Adesso mi vuoi dire?»
Giorgio non vuol sentire, gli piace troppo il panorama, quel confine immenso in cui il tutto trova parte in una bellissima immagine, tanto reale quanto sognata.
«Sì, tieni, leggi.»
“Stasera è a me che avrebbero dovuto togliere il telefono perché ho bevuto. Che sia io a scrivere a te è sbagliato tanto quanto che sia tu a scrivere a me; ma mi manchi e so di non poter far altro che dirtelo.”
«Chi è?»
«Sempre lei.»
«Che hai fatto? Mi sembrava andasse tutto bene.»
«Già.»
“Sto cercando di rispettare la tua decisione di allontanarti da me, ci sto provando davvero. Ma tante volte abbiamo parlato di rispettare prima noi stessi e poi gli altri e, per rispettare me stessa e i miei desideri, dovrei fare tutto ciò che è in mio potere per riportarti qui, da me. Non sono mai stata egoista e quindi faccio il possibile per rispettarti anche se non è facile. Sono davvero tanto combattuta.”
«Giorgio secondo me sei un coglione. So già che ha ragione lei. È un altro dei tuoi schizzi, vero? Tipo logiche insormontabili, problemi su problemi, ecc. ecc. e hai mandato tutto in vacca?»
«Può essere.»
«Le solite buone certezze mi pare di capire.»
“Mi hai salvata.
Avevo un sacco di macerie sul cuore e tu le hai spazzate via. Per questo, nonostante tutto, ti sono infinitamente grata.
Io lo so che non ti avrei potuto salvare. Sapevo che, per uno come te, non sarei stata abbastanza. Non ambivo ad essere tutto per te, ma una parte di me ha sperato che io potessi essere, per te, un punto di partenza, la luce di un faro nel mare. Speravo di essere quella per cui valeva la pena affrontare fantasmi e demoni. Mi sono illusa, lo so.”
«Non ho voglia di leggerlo tutto. Il problema è tuo. Smettila di farti dei demoni ogni cazzo di volta.»
«È più forte di me. Ci sono divergenze insormontabili.»
«Metà delle tue idee di merda sembrano irrealizzabili eppure alcune le porti a termine alla grande.»
«Solo fortuna.»
«Non sono qui per essere preso per il culo.»
«Cosa?»
«O ascolti quello che ti dico e ci ragioni sopra, o se da me vuoi una pacca sulla spalla, così, per sicurezza, beh, non l’avrai.»
«…»
«Riprenditi il cellulare.»
«Non lo leggi il resto?»
«Non farebbe differenza. So già cosa potrebbe esserci scritto.»
«Si ma scrive cose importanti, grandi.»
«Cose che già sapevi.»
«No.»
«Alla prossima presa per il culo ti arriva un cartone dritto in faccia.»
«Ma che ho detto?»
«Sapevi perfettamente. Tu me ne hai parlato. Ricordi? Le lettere? Quell’ultima mai aperta? Cosa mi hai detto che pensavi ci fosse scritto?»
«Sì ok. Ma…»
«Niente ma. Lo sapevi già. E mi sembravi contento.»
«Sì, è vero, ma siamo diversissimi. I nostri concetti di vita.»
«Ascolta: io non ti posso far cambiare idea, né posso farti ragionare in alcun modo. Sei di coccio e lo sappiamo. Il mio parere è che hai fatto una cazzata, ma questo lo puoi sapere solo tu. Sei convinto di quello che hai fatto? Bene, allora vai avanti come un bulldozer, segui la tua scelta e siine fiero. La tua scelta non vuol dire voler male a una persona. Certo, non puoi pretendere di non farla soffrire. Devi saper accettare anche di poter provocare sofferenza nelle persone. Sai che io come te penso che prima di tutto viene il bene personale, perché se noi siamo i primi a non stare bene allora finiremo per fare male anche agli altri, magari in maniera più subdola e incosciente. Pertanto sei solo tu che sai se sono davvero distanze insormontabili o se invece sono paranoie del cazzo.»
«Io non lo so.»
«Qualsiasi sia la tua scelta falla in fretta. La gente non aspetta e non sarebbe giusto, sarebbe come prenderla per il culo. E non c’è niente di peggio che venir presi per i fondelli. Muoviti, ma fallo.»
«…»
«Fai una cosa.»
«Cosa?»
«Stacca il cervello e concentrati su altro. In modo serio. Solo così capirai cosa ti manca e se ti manca.»
«Non lo so.»
«E piantala con questo non lo so e non lo so e non lo so. Porca puttana mi sei diventato un’ameba?»
«Torniamo a casa va.»
«Basta che tu mi abbia ascoltato, poi possiamo andare dove vuoi.»
«Sì, hai ragione.»
«Bene. Vedi di non fare un’altra cazzata. Pensaci bene.»
«Ok.»
«N’demo a bevere?»
«Dove?»
«Faranno un cazzo di Sprizz in sto buco di culo o no?»
“Mi manchi e ora avrei davvero voglia di vederti, di abbracciarti […] e di a Giorgio che si è sbagliato. Credeva di non avere nulla, sogni, tempo, affetti e chissà cos’altro. Si sbagliava. Aveva me. E questo nessuno glielo avrebbe mai portato via […] Eri mio, ero tua […] Non so come, ma mi hai lasciata andare. Non c’è altro. Un bacio, con tutto l’amore a cui mi chiedi di rinunciare.”
«Oh, muovi il culo? Metti via quel telefono.»
«Arrivo! Spaccacazzo…»
«Guardami.»
«Èh?»
«Fai la scelta più giusta per te. Poi non si torna indietro, scaccia i demoni e guarda alla realtà delle cose. A me sembravi felice.»