Piove sulle tamerici salmastre ed arse

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bambina

Le sirene dell’ambulanza che si stanno avvicinando mettono sempre un certo brivido. Sussulto, penso che potrebbero essere dirette verso qualcuno che conosco. Mi chiedo chi. 

Le sirene dell’ambulanza che si stanno allontanando mettono ugualmente un certo brivido. Spazientisco, mi chiedo dove sia diretta, verso chi, o dove, o se a bordo ci sia già il malato, l’incidentato, il morituro. Non piove. Non più. Sembra che non ci sia più acqua da versare; e se devo dirla tutta la cosa mi suona strana. C’è un clima strano. Nell’aria c’è elettricità, ma non frizzante, non quella elettricità che ti carica, che ti sussurra: «Dai! Continua! Ancora un passo, e un altro, e un altro ancora». È più tensione inespressa. Voracità da temporale con borbottii sommessi che si preparano alla bufera. Comunque continua a non piovere; e a me questo fatto mi suona proprio strano. Guardo le montagne e poi il mare e dietro, in lontananza, scorgo il deserto. Poco prima dell’orizzonte qualche sogno mi guarda malinconico. Vorrebbe dirmi tante cose, ma sa che non è il momento. I sogni all’orizzonte proprio non li capisco. Stanno là, immobili, nel colmo della loro saggezza e aspettano. Attendono che tu li raggiunga. Sono capaci di aspettare per sempre. I sogni all’orizzonte sono proprio strani. Che se ne stiano lì. Arriverò. Però anche voi! Che ci trovate in tutta questa immobilità!

Mi prude la testa. Mi viene da grattarmi quando ho troppi pensieri. Preferirei i pidocchi. È qualcosa di  inconscio che sale dalla spina dorsale, dal midollo e raggiunge l’animo elettrico dell’ipotalamo. Forse è interferenza con l’elettricità che c’è nell’aria. Se piovesse, magari, le cose sarebbero diverse. Dovrebbe piovere, ma non lo farà. Non ancora. Questa è una cosa proprio strana. Che non piova, intendo.

«Vuoi assaggiare il mio gelato?» Le bambine in gonnellina rosa non le sopporto. Solitamente hanno questi occhi che ti guardano dentro. «Smettila di guardarmi! – vorresti gridarle minacciosamente – Cosa pensi di trovare? Solo macerie, bambina. Solo macerie». A loro non importa di cosa trovano dentro di te. Vogliono solo vedere perché nascondi al mondo chi sei. Inutile cercare di spiegare che il mondo è un posto e un tempo estremamente complesso.

«Non è il mondo, sono le persone». Se poi le bambine in gonnellina rosa si ergono a distributori di saggezza, l’irritazione nei loro confronti sfocia nel personale. Anche fossero le persone cosa mai ci possiamo fare.

«Crederci. Sempre e comunque».

Credere in cosa? Nelle persone? In se stessi? Nel futuro? Figurati se si fa trovare al vaglio della risposta secca. Scappano sempre le bambine in gonnellina rosa. Scappano e una luce accecante mi fa chiudere improvvisamente gli occhi.

«Guardi qui e segua la luce. Mi sente? Si ricorda qual è il suo nome?»

La luce mi fa male alla vista e non mi sento più la testa né i piedi.

«Ha perso molto sangue. Una sacca di zero negativo. Mi sente signore? Si ricorda qual è il suo nome?»

«Dov’è la bambina? Ha una gonnellina rosa. Mi deve dare una risposta, non mi ha risposto».

«Signore se mi dice come si chiama le spiego tutto. Lei ora è in ambulanza, ha fatto un brutto incidente. Non si agiti. La situazione è sotto controllo. Stia giù.»

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