Cap.1 – ESODO
Ci risiamo. 03:44. Sono di nuovo sveglio a fissare l’ora della radiosveglia nella speranza di essere in un sogno lucido. Chiudo gli occhi e penso a tutti i mondi fatati che posso immaginare alle quattro della mattina. 03:45. Niente. Sono sveglio e la mente non fa eccezione. Con me si destano le preoccupazioni della vita, quelle che la gente comune si ritrova alla mattina dopo caffè e cornetto e che io ho come compagni di vita h24. Per loro sono sempre reperibile, giorno e notte. 03:46. Sono esausto. È una stanchezza fisico mentale, o così me la racconto. Forse è solo stanchezza. Forse è solo insoddisfazione. Qualcosa è. Forse. È troppo presto per ragionare ancora. O troppo tardi per affrontare seriamente la questione. Probabilmente sono compromesso. Il mio destino è quello di vivere una vita da insonne, mai troppo sveglio e mai troppo addormentato. Mai troppo convinto di nulla, indeciso per sfinimento psicofisico. O così me la racconto. L’ho già fatto questo pensiero. Sono in un loop. Ne uscirò? Come? Ne voglio uscire? Certo che ne voglio uscire. Non credo. Mi piace questo stato di totale incoscienza e sofferenza. Smettila di pensare. Adesso fermati. 03:47. Ho fame. E se me ne andassi? Dove? Ho un buco allo stomaco, dormo troppo poco e consumo tutto. Consumi? Cosa? Quello che mangio, ovviamente. Dovresti salire sulla bilancia più spesso, fidati. Devo andarmene da qui. Adesso. 04:23. La macchina si accende nel pieno della notte e timidamente si fa largo tra le strade cittadine.
Dove vado? Che sto facendo?
Prima una curva a destra, poi all’incrocio l’autovettura svolta a sinistra e nuovamente a destra.
Stai fuggendo con la consapevolezza che non si può sfuggire da se stessi? Non sto sfuggendo. Ho fame e voglio solo andarmene, cambiare aria. Aria!
Nella notte il fischio assordante di pneumatici che inchiodano sull’asfalto risuona senza particolare scompiglio. Nessuno sembra essersene accorto. Destra, ancora destra e via. Verso l’autostrada. Due biip di Telepass dopo la quattro ruote gpl saltella con energia verso sud. Direzione ignota.
Mi sembra che tutto vada bene. Ho un po’ sonno, un po’ fame e un po’ sete. Ancora 34 chilometri al primo Autogrill. Non riesco a capire bene cosa sto facendo e perché, ma mi piace. La sensazione è positiva, mi sento bene. Forse è proprio questo il punto. A una certa ora di un certo giorno, non importa che impegni abbiate, che doveri avete, che progetti avete inciso sulle vostre logore agende o su melanconici calendari, appesi alle pareti più per una prassi consolidata che per reale utilità, dobbiamo fuggire. Dovete fuggire. Devo. Anche senza una meta. Anche senza un motivo. O meglio, senza la convinzione di voler risolvere tutto. O qualcosa. Con queste “o, forse, se…”. Devo imparare a essere più deciso e meno frammentato.
Non c’è nessuno in giro. Solo qualche macchina e pochi camion. Il cielo è buio e riflette a chiazze le luci delle città. La radio non fa molta compagnia, è più una musica di contorno. Sono le 07:00. Devo mangiare.
Freccia a destra e parcheggio per entrare in un autogrill poco dopo Firenze. C’è troppo brusio di sottofondo. Collego lo sguardo al cervello ancora in dormiveglia. Una fila di circa sessanta persone scese esattamente un minuto prima di me da un autobus turistico si litigano le brioches appena sfornate e dei criptici caffè serviti da svogliatissimi dipendenti in attesa del cambio turno. Torno in macchina. Riparto. Mi fermerò alla stazione di servizio successiva. Dista solo 16 chilometri.
«Due scosse nel Catanese, la più forte di magnitudo 4.6, solo pochi feriti. La protezione civile sta facendo le opportune verifiche per controllare gli edifici – La radio sentenzia notizie -. Continuano le ricerche del bimbo disperso durante la bomba d’acqua che ha colpito la Calabria ionica causando la morte di una mamma e del figlio. 400 gli sfollati a Crotone. Morta questa mattina a Barcellona la soprano Montserrat Caballé. Celebre il suo duetto con Freddie Mercury nella canzone che celebrava il capoluogo catalano».
Notizie, su notizie, su notizie. Ancora una buona dose di belle novità. Non so come avrei fatto senza. Prossima area di servizio a 50 chilometri.
«Cazzo! Ho mancato l’ingresso». Ho fame, ho sonno e ho sete. Continuo a distrarmi. Perché il sole non sta sorgendo? Che ore sono? Non dovrebbe essere già desto? Forse sto sognando? Ma no, ecco l’area di sosta.
«Buongiorno – mi dice la cassiera masticando una chewingum e guardandomi da sopra gli occhiali da vista -. Desidera?»
«Caffè e».
«Crema, cioccolato, marmellata, integrale al miele, con la Nutella e se aggiunge il succo o la spremuta questa le viene scontata».
«Camogli».
«Non lo scontiamo»
«È lo stesso».
«Niente cornetto?»
«No, grazie».
«Gratta e vinci?»
«No».
«Altro?»
«No. Solo caffè e camogli».
«Niente succo? Con il menù conviene».
«Grazie, va bene così».
«Allora metto?»
«Scherza vero? Solo caffè, nero, amaro, senza zucchero e un camogli, non serve nemmeno scaldarlo».
«Non paga lo zucchero, né il fatto di scaldare il panino. Lo sconto è solo sul menù colazione con il succo e la spremuta».
«Una caffè. Un camogli».
«Sono 7,30 euro».
«Tenga».
«Ha i 30?»
«Controllo. No».
«Le piace proprio dire di no. Sia più positivo».
«Cercherò di tenerlo a mente».
Torno in macchina e riparto non prima di aver comprato al minimarket due casse di birra. Ho ancora sonno. Mentre guido me ne apro una e me la scolo. Non si dovrebbe fare, ma questo è un sogno giusto?
Sfioro il lago Trasimeno, sorpasso quello di Bolsena e quello di Vico. Poi quello di Bracciano. Punto Roma. I cartelli stradali verdi dicono Roma. Diramazione Roma nord. Quaranta chilometri al GRA. Trenta chilometri al GRA.
A chi sarà venuta l’idea di realizzare un anello tutto attorno a Roma? La capitale non è una sposa, non è una moglie. Roma è libera, deve essere libera. Lo è per sua natura, eternamente libera, come solo una bellezza secolare può essere. Roma.
La strada è traditrice. La storia con la città eterna si è già consumata, questione di un paio d’ore ed è già alle mie spalle. Ora la mia infatuazione si fa più partenopea. Napoli.
Piove. Che tempo. E non c’è nessuno per le strade. Sole. Che tempo.
«Che c’ho una frase scritta in testa ma non l’ho mai detta – che canzone sarà? – Perché la vita, senza te, non può essere perfetta. Quindi, Marlena, torna a casa, che il freddo qua si fa sentire; quindi, Marlena, torna a casa, che non voglio più aspettare; quindi, Marlena, torna a casa, che il freddo qua si fa sentire; quindi, Marlena, torna a casa, che ho paura di sparire. E il cielo piano piano qua diventa trasparente; il sole illumina le debolezze della gente».
A parer mio anche la pioggia. Credo che le debolezze si vedano indipendentemente dal tempo meteorologico. Potrei sbagliare, potrei strapensare ed essere solo troppo stanco per un ragionamento serio. Facile sia così. Quanta strada riuscirà a fare ancora questa “carriola”?
Caserta e poi… il Vesuvio. Quanto è bello? Quante case che ci sono sulle sue pendici. Se non ricordo male è un vulcano ancora attivo. Chissà cosa accadrà quando erutterà. Cosa capiterà mai. Lo sai cosa succederà. Sarà una carneficina. Una Pompei ed Ercolano 2.0 versione “Gran bell’idea del cazzo edificare delle case sopra una fottuta bomba ticchettante, non disinnescabile e completamente imprevedibile”. Una cosuccia in grado di mettere a ferro e fuoco l’intera Campania con conseguenze in tutta l’Italia centro e meridionale. A sto punto, effettivamente, se deve esplodere senza possibilità di salvezza per oltre 700 mila persone, tanto vale morire in una casa vista golfo.
Anche Napoli mi sfugge. Un altro addio così veloce. Mi abituerò al dolore? Ed è subito Salerno e poi il Cilento e i suoi paesi arroccati su cocuzzoli montani desolati, l’uscita per Maratea e quella per il parco del Pollino. E infine, la Calabria. Continuo ad avere sonno e fame. Trovo un secondo Autogrill. Qui i panini sono ricoperti, rivestiti e imbottiti di ripieno. Mi scolo un’altra birra. Non me ne sono rimaste poi molte. Riparto. Ancora più a sud. Forse riuscirò a dormire. Che cos’è quel punto rosso che si muove? Merda una paletta. Freccia a destra. Accosto. È la Finanza. Abbasso il finestrino. Sono le 14. Ho sonno e forse, forse, sono pure sbronzo.
«Buongiorno» mi dice il finanziere.
«Buongiorno» rispondo.
«Patente e libretto».
«A lei».
Mi guarda, fissa il documento, mi guarda nuovamente.
«Che lavoro fa?»
«Spaccio».
Il volto del finanziere si corruga con cipiglio.
«Spaccio notizie false per vere, faccio il giornalista» mi affretto a correggere.
Non sembra aver gradito la battuta. Anzi, sembra più preoccupato dal fatto che maneggio le parole. Probabilmente preferiva spacciassi. Sono una delusione anche per i finanzieri.
«Va bene, vada pure. Buona permanenza».
Da quando i finanzieri fermano in autostrada? E soprattutto, da quando la Calabria ha tutte queste montagne e questi trafori e questa conformazione orografica che mi ricorda il Gran Sasso? Ho ancora sonno dannazione e sono le 15.30. Il mio piano sembra non funzionare.
Il sole volge a sera e le speranze di aver risolto qualcosa stanno per lasciare spazio allo sconforto.
Tutto accade in un attimo.
Galleria, viadotto, tunnel in discesa ed eccolo là. È prima un colpo d’occhio fuggiasco. Quasi un miraggio. Di curva in curva si fa più vivida immagine. Quanto sei bello Mare. Eccoti laggiù, tra le cosce di quelle due montagne in una “v” di piacere. Donna di inebrianti sapori e ricordi. Donna insaziabile e instancabile, vissuta, trasognata, amata. Quanto sei forte, quanto sei energia. Più mi avvicino, più tutto cambia. Sono certo di essere partito per risolvere qualcosa che ora proprio non ricordo. È un’infusione istantanea di piacere sublime, di pace dei sensi, di bellezza che sfama e ristora.

Che mare, che cielo, che colori. Esco dalla Salerno R. Calabria. Sono all’altezza di Pizzo Calabro. Continuo ancora un po’. Arrivato a Briatico svolto a sinistra. Prendo una stradina senza indicazioni stradali. Passo Paradisoni e decido di fermarmi in una minuscola piazzetta di questo piccolo paesino dal cartello bucato da proiettili: Pannaconi.
L’aria è quella di mare. Non sembrano esserci turisti. Non sembra esserci quasi nessuno.
In pochi istanti, gli abitanti si sporgono dalle finestre, ruotano la testa dalle loro sedie al bar e mi fissano. Sono le 16:08. Nei loro volti due sole domande.
Chi è e che cosa vuole?
Due domande difficili. Per ora sono una spugna intenta ad assorbire l’energia di questo mare. Guardatemi pure, vi ruberò un frammento del vostro panorama, un tesoro inestimabile, un libro che non ha fine, una gioia senza confini.
Un me stesso ritrovato, rinato. Nuovamente io.

CONTINUA…