Io li vedo come fosse ieri. Quei volti, quegli sguardi. Mi capita con sempre maggior frequenza di incontrare “quelli della mia età”. Quelli che erano giovani quando lo ero anch’io. Anche quelli che non ho mai conosciuto se non “di vista”, ma che ricordo perfettamente integrati nella loro compagnia. Quelli di quando si giocava in strada senza che i nostri genitori avessero il timore di investimenti, violenze carnali, maltrattamenti e rapimenti. Cose che capitavano quotidianamente anche in quegli anni, non sono certo una novità del 2000. È cambiato il modo di percepire il mondo, si è fatto fin troppo veloce, schematizzato, ingarbugliato. Più ristretto. Una frenesia senza apparente motivo d’essere che governa l’homo (sapiens sapiens?). E li vedo quei volti d’oggi, così come guardando bene riconosco la spensieratezza e l’innocenza degli albori della nostra esistenza, segnata inevitabilmente da quel vissuto individuale che ci ha reso “adulti”. Bambinoni che giorno dopo giorno si sono arresi più a se stessi che al mondo, incolpando questo dei propri mancati successi. Oggi siamo chi eravamo allora, solo che ci crediamo meno.