La distanza dal G8 di Genova 2001

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Avevo 12 anni il 20 luglio del 2001. Troppo piccolo per andare al G8 di Genova, non troppo per seguire la vicenda. A distanza. E questo è il nocciolo della questione. La distanza. Ricordo lo spirito del movimento “no global”, traguardo storico per vastità e trasversalità di associazioni aderenti. Si mobilitarono pure i cattolici. Alcune di quelle istanze sono oggi temi di estrema attualità e le conseguenze di un mondo sempre più globalizzato hanno innescato azioni e situazioni che oggi si trovano sulle carte politiche e nelle agende internazionali. I problemi ambientali ne sono diretta conseguenza o comunque strettamente collegati. Tutto questo quel 19, 20 e 21 luglio non è andato in scena, si è invece mostrato lo Stato da un lato e la rabbia di chi gridava contro un mondo precostituito dall’altro. C’è tanto in quel G8 storicamente parlando, così tanto che solo la distanza ne delineerà meglio la verità storica e quella processuale. Una distanza temporale. Oltre che fisica. Chi c’era, da un lato o dall’altro, ragazzi in divisa (l’autista Filippo Cavataio di 23 anni, Mario Placanica, carabiniere di leva di 20 anni, e il coetaneo Dario Raffone), ragazzi in guerriglia, ragazzi in marcia, ragazzi in protesta, un ragazzo morto Carlo Giuliani, dei ragazzi in una scuola la Diaz, questa distanza non ce l’hanno, ma hanno l’impronta indelebile di quei minuti su minuti vissuti in prima persona. Quell’essere lì, raccontare quei momenti, vederli, mi sarebbe “piaciuto”, anche se oggi mi sarebbe ben più complesso farmi un’idea. Quei fatti hanno comunque dato il via a tutto il mio personale filone di crescita di pensiero. Ho conosciuto la rabbia, ho cominciato a conoscere lo Stato, i concetti di globalizzazione, la storia delle nazioni, l’imperialismo, le colonizzazioni, le pressioni, i trattati, le relazioni internazionali (con i frutti e gli scarti). Il mondo si è fatto più complesso molto piccolo e molto grande contemporaneamente. Diviso, io come lui, dall’importanza di essere testimone, partecipante, e la capacità di descrivere le complessità storiche oggettive. La distanza, è uno strumento che va dosato e che un buon giornalista deve saper gestire; oggi più di ieri.

«C’è un ragazzo a terr… Oddio! Noooo! No porca troia!»

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