C’è stato un tempo, da bambino, in cui ho subito le prepotenze, ingenue o malevoli che fossero, di altri miei coetanei. Quel tempo è finito il giorno in cui ho sferrato il mio primo pugno; che, onestamente, è stato liberatorio. Ha riportato l’equazione ad un nuovo livello dal quale si è ricostruito il “dialogo” e il “rispetto” delle posizioni.
Quindi la violenza è giustificata? No, non lo è mai. E lo insegnerò a mia figlia. Da quel momento, però, mi sono sempre chiesto se ci sia più responsabilità e colpa in chi sferra il pugno o in chi ha acceso la miccia. Domanda semplice, risposta impossibile.
Semplificare dicendo che Putin ha attaccato l’Europa come si legge un po’ ovunque è un grave errore. Come ancora più grave è affermare che il continente europeo vede finire la pace dopo la Seconda Guerra Mondiale: cancellando il “problema” Balcani, Kosovo (bombardamenti Nato/Usa), problema che è ancora lì e altre piccole, ma non così insignificanti, scaramucce (dal grande valore simbolico) come le questioni Crimea e Donbass, ad esempio.
Putin non ha interessi ad attaccare i principali partner commerciali del suo import export. Altresì non può permettersi che la Nato gli citofoni sotto casa.
Una Nato, sempre più debole, lontanissima dalle funzioni e dai doveri che l’hanno vista nascere. Una Nato che non si è limitata a dare garanzia di difesa comune, ma che sempre più ha cercato di espandersi in un’ottica anti russa. Cosa che, questa sì, ha continuato a perpetrare con efficacia fin dalla sua fondazione. Tanto che tra gli addetti ai lavori della prima ora ci si diceva «Lo scopo della NATO è di tenere dentro gli americani, fuori i russi e sotto i tedeschi».
Oggi nella Nato ci vogliono entrare Ucraina e Georgia oltre a Serbia e Bosnia ed Erzegovina. Le prime due hanno iniziato i “dialoghi intensificati” rispettivamente nel 2005 e nel 2006. Le prime due confinano con la Russia e sono permeate di forze interne, disequilibrate, direttamente derivanti dallo scioglimento dell’Unione Sovietica. Per la Russia significherebbe avere la Nato sotto casa. E, negli equilibri diplomatici fino ad ora mantenuti si è sempre lavorato diplomaticamente perché questo non accadesse. O meglio, si è sempre propagandato che questo avvicinamento non fosse idoneo.
Se a parole le Nazioni Ue-Nato hanno pubblicamente affermato che non è intenzione della Nato espandersi, la Nato ha macinato, di anno in anno, metri e chilometri verso Est; promuovendo così l’inevitabile innalzamento di tensioni recondite.
Non capire questo significa aver cancellato gli ultimi 30 anni di storia, ossia quel che è successo dalla caduta del muro di Berlino nell’89 e, ancor più significativo, dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica nel dicembre del 1991.
Tonando all’oggi: Putin ha attaccato l’Ucraina. Per ora è una guerra locale, che molto, molto probabilmente rimarrà locale. Non per questo sarà indolore per l’intero occidente, per la Russia e i suoi paesi satelliti. La battaglia delle sanzioni danneggerà tutta l’economia, europea, americana e russa. Lo stanno dimostrando le impennate dei prezzi dei barili di greggio e gas e il crollo sistematico delle borse, compresa quella russa.
L’Ucraina degli ultimi 30 anni è un tumultuoso vortice di identità territoriali, koinè culturali ed enclave linguistiche. Il suo territorio è solleticato ad occidente dall’immaginifico mondo americano/europeo/Nato e ad est dall’oligarchica nostalgica Russia del XXI secolo.
L’UE è in guerra? No. Non lo siamo, sebbene le azioni che verranno intraprese saranno economicamente impattanti per tutti gli stati membri. In guerra ci sono l’Ucraina e la Russia. Entrambe, ovviamente, fuori dalla Ue e dalla Nato, ma non dissociate economicamente e diplomaticamente da esse. A questo capitolo si legano le logiche energetiche del Nord Stream e del Nord Stream 2, le “blablate” sulla finlandizzazione ecc.
È guerra e non sarà indolore. Ai morti che ogni scontro porta con sé si legano dinamiche di gestione internazionale come i profughi di guerra, i problemi economici, i problemi energetici, la carenza di risorse…
Pensare che le sanzioni economiche faranno cessare il fuoco, ancora una volta, significa non capire da dove e quando nasce questo scontro. Questa mattina alle 04.00 è stato sferrato un primo attacco, ma la guerra diplomatica è iniziata nella cecità (voluta) dell’Ue di non prendere atto del comportamento della Nato, continuando, come se nulla fosse, dialoghi e relazioni, estremamente pericolose, ancor più in un contesto socioeconomico europeo precario come quello vissuto da tutti noi negli ultimi 10/15 anni.
Non è una guerra economica, è una guerra sull’identità culturale, linguistica e, soprattutto, di sicurezza “nazionale”, di autodeterminazione dei popoli, nella quale il torto e la ragione si confondono, scivolano, inciampano. Troveranno, forse, una ragione d’essere a fine conflitto, nei libri di storia dei vincitori.
La guerra è scoppiata perché ha fallito la diplomazia, non di queste settimane, ma degli ultimi decenni.
Io, comunque, mi chiedo ancora, davanti a chi nel nome del proprio ideale e delle proprie convinzioni perderà o sacrificherà la propria vita, se ci sia più responsabilità e colpa in chi sferra il pugno o in chi ha acceso la miccia.
FOTO: diffusa dalla presidenza ucraina.

Un articolo analitico molto interessante, meriterebbe un approfondimento. Spero che in futuro tu abbia voglia di parlarne ancora.