L’informazione, la politica e l’economia ragionano ancora secondo i dettami del “business as usual” e questo sta già oggi portando l’umanità verso uno scenario politico e climatico-ambientale catastrofico. L’occidente dovrà prepararsi a gestire flussi migratori di enorme portata. Ben 3,5 miliardi di persone, fra meno di 50 anni, saranno costrette a lasciare le loro terre inospitali in direzione Europa, Mediterraneo, America, Russia e Cina.

Data from Olivier and Peters (2020) for greenhouse gas (GHG) emissions; UNEP and IRP (2018) for material footprint; and World Bank (2020a) for GDP.
A più di un anno di distanza dall’annuncio fondamentale dell’Agenzia Europea dell’Ambiente che l’11 gennaio 2021 metteva in chiaro in un esaustivo articolo titolato “Growth without economic growth” quanto l’attuale concetto di crescita economica sia la radice primaria di tutti i danni climatici, la stessa agenzia ha evidenziato in un nuovo report di questo dicembre (https://www.eea.europa.eu/it/highlights/frequenza-e-gravita-dei-pericoli) che il tempo per correre ai ripari è già scaduto e che nei prossimi anni, l’Europa (in qualità di luogo d’analisi, ma vale lo steso per tutto il pianeta Terra) sarà soggetta ad un aumento della frequenza e della gravità dei pericoli climatici.

Nonostante i forti avvertimenti che la comunità scientifica globale sta da oltre 50 anni diffondendo con una sempre maggiore precisione di nuovi dati, nuove analisi e nuove catastrofiche proiezioni sul futuro del mondo e della complessa rete di effetti climatici naturali che si avranno su tutte le specie, homo sapiens incluso, le agende politiche e la grande informazione fanno orecchie da mercante. Le ultime promuovendo con sempre maggiore intensità l’informazione come bene di consumo usa e getta, attraverso articoli clickbaiting, per riuscire a sostenere la propria economia attraverso gli introiti privati, ossia le pubblicità; le quali, a loro volta, spingono e promuovono il modello business as usual. Gli effetti di un’informazione consumistica producono disinteresse di approfondimento da parte del lettore, superficialità di conoscenze diffuse e un più generale allontanamento dalle informazioni essenziali che sono diritto e dovere dei cittadini e dei giornalisti stessi. Sarà quanto mai fondamentale aprire un profondo dibattito sul valore intrinseco dell’informazione e sul suo ruolo oltre che sulla sua modalità di diffusione.
La parte politica invece, mette l’ambiente e le azioni del Green Deal Europeo al servizio del modello consumistico (business as usual). Le parole del “Patto Verde”, così chiare e frutto di necessarie azioni politiche che devono con estrema urgenza contrastare gli effetti del cambiamento climatico in atto, restano, purtroppo, parole scritte o solo parzialmente applicate, oltre che basate sulla necessità di una costante e continua crescita economica. Atteggiamento perpetrato anche dall’Italia che “recentemente” ha approvato il maxi emendamento alla legge di bilancio con una manovra da 32 miliardi per rinnovare, prolungare e aggiustare una serie di bonus economici in parte di carattere “ambientale”. Queste iniziative, però, se da un lato agevolano la trasformazione degli edifici ad alta dispersione termica in moderne strutture ecologicamente più performanti, dall’altro promuovono la corsa alla crescita economica e alla spesa. Dalle agende politiche, coperte dalla crisi pandemica, mancano le grandi manovre di carattere ambientale. E soprattutto i primi passi di una crescita disgiunta dalla crescita economica.
Politica e media non se ne occupano, continuano a gridare “al pesce fresco” nelle loro bancarelle al mercato.
[Oggi è la guerra in Ucraina, ieri la pandemia, il giorno prima la crisi economica. Si vede il problema solo alla sua esplosione, quando, molto spesso, dall’attuale guerra fino alla bolla speculativa della crisi economica, erano fatti prevedibili e pertanto vi sarebbe stato spazio di manovra correttiva. E su questa prevedibilità c’è chi ci ha lucrato. Il clima e il cambiamento climatico, invece, agendo e modificandosi “lentamente”, ancora non è del tutto percepito come problema o urgenza. Ce ne ricordiamo a tratti. Di tanto in tanto. Alla bisogna.]
Questo allarme alla stampa e alla politica è stato lanciato più volte anche dal noto volto scientifico Luca Mercalli, presidente della Società Meteorologica Italiana.
L’ambiente viene ancora una volta messo ai margini, discusso solo in occasione delle grandi conferenze internazionali, twittato e infine relegato ai margini del dibattito locale. La questione climatica è però di primaria importanza e dovrebbe essere un argomento di confronto pubblico continuo sia sui tavoli della politica che all’interno dei grandi mezzi d’informazione. Senza un mondo in cui vivere, qualsiasi altra discussione o problema risultano completamente futili.
La cecità umana che stiamo vedendo quotidianamente, vuoi perché estremamente concentrati sull’evoluzione pandemica, vuoi perché prigionieri del sistema informativo mordi e fuggi, altro non è che la narrativa di fondo espressa nell’ultima pellicola di Adam McKay, “Don’t look up” e interpretata tra gli altri da Leonardo di Caprio e Jennifer Lawrence.
Il nostro meteorite si chiama riscaldamento climatico e a differenza di un corpo interstellare non si paleserà ai nostri occhi in modo chiaro e netto come se lo osservassimo da un telescopio. Quando ne avremo completa contezza sarà “l’ora dell’estinzione”. Siamo in ritardo sulle azioni concrete da attuare. Mercalli, al pari della comunità scientifica che nel dicembre del 2019 con l’articolo “World Scientists’ Warning of a Climate Emergency” (https://hal.archives-ouvertes.fr/hal-02397151/document) sottoscritto da oltre 11.000 scienziati e che mette in guardia i governi di tutto il mondo dai pericoli del cambiamento climatico, sottolinea come: «se noi oggi attuassimo le disposizioni atte a contenere l’aumento della temperatura terrestre non saremo comunque in grado di rispettare il quadro ottimistico previsto dagli accordi di Parigi che ci dovrebbe portare ad un innalzamento della temperatura non oltre i 2°C entro il 2100, ma molto probabilmente raggiungeremo i 3°C». Secondo gli scenari illustrati nel 5° rapporto sul clima del Ippc del 2013 (https://www.ipcc.ch/site/assets/uploads/2018/03/ar5-wg1-spmitalian.pdf) siamo, ad oggi, visto il continuo disinteresse ad agire concretamente a tutela dell’ambiente, in piena rotta per un aumento della temperatura terrestre di oltre 5°C entro la fine del secolo.

Questo avrà conseguenze non solo ambientali irreversibili, ma, soprattutto geopolitiche. Basti pensare a quanto riportato nell’articolo “Future of the human climate niche” (https://www.pnas.org/content/117/21/11350) uscito su Pnas nel maggio del 2020 nel quale si illustra come, stando oggi la curva di peggioramento climatico stabile nella sua crescita catastrofica, nel 2070 i territori dell’Arabia, dell’India e degli Emirati Arabi diventeranno completamente inospitali portano così 3,5 miliardi di persone a emigrare verso terre più accoglienti.

Siamo l’innesco della più grande bomba geopolitica mai vista dall’uomo.
La migrazione dei popoli dovrà inoltre fare i conti con l’aumento della popolazione a fronte della riduzione delle terre “vivibili”. A inizio dicembre, a Roma, nel convegno su popolazione e ambiente organizzato dall’Accademia dei Lincei è stato illustrato un aumento della popolazione di circa tre miliardi e mezzo per un totale di quasi 11 miliardi di persone nel mondo e un territorio ridotto ai minimi dall’innalzamento dei mari, dalle desertificazioni, dal consumo di suolo. Il professore, demografo dell’Università di Firenze e accademico dei Lincei, Massimo Livi, ha dichiarato che «nei prossimi decenni dovremo affrontare il problema di come conciliare la crescita della popolazione con la limitazione dell’estensione del pianeta. Ormai circa due terzi della superficie terrestre è antropizzata, direttamente o indirettamente».
La comunità scientifica continua a lanciare i propri allarmi che passano inosservati sia da chi ha il compito deontologico di diffonderli, mettendo l’umanità a conoscenza delle evidenze scientifiche e dei pericoli che i nostri nipoti e le generazioni future dovranno affrontare, sia da chi ha il potere di governare il cambiamento cercando di interrompere l’innalzamento della temperatura con scelte politiche mirate, precise e già individuate.
Sono d’accordo su ciò che scrivi.
E’ innegabile che ci sia una correlazione tra cambiamento climatico e aumento della popolazione mondiale e le cose non potranno migliorare finché l’uomo sfrutterà la Terra incoscientemente: continueremo a distruggere zone sensibili del pianeta per l’estrazione di materie prime e ad abbattere foreste per far spazio all’agricoltura e al pascolo. Forse una maggiore responsabilizzazione sul nostro stile alimentare non potrà risolvere il problema ma certo darebbe una mano (e questo non vuol dire diventare per forza vegetariani/vegani). Dopotutto la vera differenza la si fa con tanti piccoli gesti.