Sono fermamente convinto che questa sia l’epoca del timore. Non più timorosi verso un dio onnipotente e onnipresente. Spaventati a morte da noi stessi, da quello che facciamo e dalle conseguenze delle nostre azioni. Si preferisce fare quello che fanno tutti, andare dove vanno tutti, dire quello che tutti dicono, pensare quello che pensano tutti.
Avevo 12 anni il 20 luglio del 2001. Troppo piccolo per andare al G8 di Genova, non troppo per seguire la vicenda. A distanza. E questo è il nocciolo della questione. La distanza. Ricordo lo spirito del movimento “no global”, traguardo storico per vastità e trasversalità di associazioni aderenti. Si mobilitarono pure i cattolici. Alcune
«E se M49 non fosse un orso, ma la reincarnazione animale dei famosi M(ilioni)49 che la Lega si è intascata e che guarda caso proprio una giunta a trazione leghista sta cercando di fare propri per nasconderli sotto un tappeto di manto boschivo in Slovenia, nazione nella quale hanno appena deliberato l’abbattimento di 200 orsi?
A tutti piacciono le storie. È un dato di fatto. Raccontare, raccontarsi o confrontarsi con quello che ci sta innanzi, ci emoziona. Sia essa gioia, rabbia, invidia, compassione o condivisione. Come umanità ne siamo ossessionati. Dall’evento o fatto quotidiano, dalla fantasia narrativa, dalle storie personali, umane, politiche, globali, filosofiche, scientifiche ecc. Non ci sono limiti.
Le ricordo molto bene le “stragi del sabato sera”. Riempivano le prime pagine dei giornali e le copertine dei telegiornali in tutta Italia. Io ero troppo piccolo per guidare, figuriamoci per fare il giornalista. Ricordo quanto se ne parlava, con l’ingranaggio Stato che incredibilmente aveva ascoltato le grida straziate dei sopravvissuti, degli amici, dei coetanei,
Niente va mai come avremmo voluto che andasse. Eppure sono pressoché infinite le minute occasioni che alleggeriscono l’esistenza. Dettagli. Sguardi. Parole. Paesaggi. Frasi. Risate. Anche pianti. Disperazioni e quel maleodorante senso di impotenza. Attaccatevi. Attaccatevi con le unghie e con i denti. Attaccatevi a queste minuscole briciole di occasioni e fatele vostre, tenendovele strette contro
INTRODUZIONEChi mi conosce lo sa. In fondo, sotto al cinismo e a una contraddittoria misantropia latente si nasconde una sorta di animo ambientalista. Beninteso, e ci tengo a sottolinearlo, quello che “faccio per l’ambiente”, in realtà lo faccio per me. Non lo faccio per salvare la Natura. Questo per due motivi sostanziali: sarei ipocrita nel
È una parola che si pronuncia di rado, relegata a nome per animali domestici, imbarcazioni, progetti umanitari. Nel quotidiano “speranza” si è fatta flebile presenza, sottile, quasi invisibile, appena appena percettibile. La speranza non esiste più. Per me è un dato di fatto. Ce la raccontiamo: «Dobbiamo avere speranza per le sorti del mondo, per
L’ossessionante, persistente e ripetitiva necessità di portare l’acqua al proprio mulino è una naturale propensione dell’uomo. Sembra una necessità inconscia e forse ne è bisogno primordiale. Eppure dalla modernità alla contemporaneità quest’acqua non è più cristallina, si è prima intorbidita di capricci, poi sporcata di preconcetti e infine inquinata di superficialità. Non è più un’acqua
Narrat te rumor, Chione, numquam esse fututamatque nihil cunno purius esse tuo.Tecta tamen non hac, qua debes, parte lauris:si pudor est, transfer subligar in faciem.(Marziale Epigrammi, I, LXXXVII) Avevo scritto questo articolo nel 2015 per Shackleton Blog, un progetto molto interessante naufragato per gli impegni pressanti di chi faceva parte di quel piccolo ristretto gruppo