È buio. Il sole non ha ancora cominciato a rischiarare il cielo. Riesco comunque a intravvedere un po’ di nuvole. Sto preparando lo zaino per la mia settima salita allo Stivo. Sono diversamente emozionato. So che non vedrò l’alba dalla cima, sia perché la giornata non è delle migliori sia perché, a differenza del tramonto,
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Sei ore, dodici minuti e dieci secondi. Quindici virgola quarantuno chilometri, duemila zero sessanta chilocalorie consumate e millequattrocentoquarantuno metri di dislivello. È questo il resoconto stringato fatto di dati di una delle più belle escursioni che abbia mai fatto. La salita allo Stivo di giugno è stata avvincente, provante ed estrema. Almeno per noi che
Il telefono vibra. È sera. Un messaggio su whatsapp. «Oh, va bene se la prossima volta viene anche il mio vicino? Non c’è mai stato». Mi chiede El Vedrèr.«Sì certo». Rispondo. Mi sono dato questa sfida, «12 volte la prima», per riuscire a veder concretizzarsi una mia idea. Ne sentivo e sento la mancanza, perché
Quella prima salita, avvenuta a gennaio, non era andata come si aspettava. El Vedrèr, da qualche mese aveva intrapreso un consistente allenamento giornaliero. Una sua personale sfida che si era fatta vera e propria abitudine. Una vittoria di non poco conto, ma che non era diventata ancora tangibile anche perché il traguardo reale altro non
Matilde, mia figlia, vuole la colazione. La chiede a gran voce dal suo letto. Una radiosveglia segna le ore 06.20, l’orologio da polso geolocalizzato le 06.22. Tra dieci minuti le tapparelle del soggiorno si alzeranno senza che io muova un dito; miracolo della tecnologia moderna. Tra 40 minuti suonerà la sveglia. L’ultima volta che ho
Immerso nel Garda Trentino vi è un luogo fuori dal comune. È una riserva naturale chiamata Marocche di Dro generata da un’enorme frana, dovuta allo scioglimento dei ghiacciai, ben 200 milioni di anni fa. Oggi è un luogo lunare dove la vita si palesa sotto forme inaspettate.